venerdì 15 luglio 2011

Consumismo sfrenato , pubblicità e capitalismo

 CONSUMISMO E CAPITALISMO

Natale secondo me è il periodo per eccellenza in cui la nostra scelleratezza consumistica ha maggior sfogo. Amici, parenti e partner si attorniano vicino al "focolare domestico" per fare a gara, nel migliore dei casi, sull’ultima novità sfornata dalle famose multinazionali, soprattutto di articoli elettronici e articoli d'abbigliamento ( che magari poi cambia solo il colore dalla versione precedente ) appena comprata. E’ un’assurdità e come tale, essendo degenerata all’inverosimile, non è più accettabile. Cos’è, una corsa all’ultimo acquisto? E i telegiornali ci fanno anche i titoli, come fosse normale…. Forse abbiamo accettato tutto questo, abbassando la testa, ma è illogico correre e correre, acquistare e acquistare all’infinito. Vi siete mai chiesti che fine fanno i vecchi prodotti? riciclati nel migliore dei casi, nel peggiore invece vengono messi da parte e vengono dimenticati in un armadio per molti anni. . E vi siete mai chiesti perché una lavatrice del 2000, ad esempio, non dura più come una costruita all’inizio del secolo? Non è che non sanno più assemblarle come una volta: semplicemente preferiscono puntare sulla quantità e non sulla qualità: alle case produttrici rende, obbiettivamente, di più una lavatrice che dura poco, che una che dura tanto. In questo modo le vendite sono, bene o male, assicurate. Perché alla fine compriamo sempre ( o quasi ) la marca che viene più reclamizzata. Nonostante siamo diventati ( per quello che ci pare ) economi. A tutto ciò si somma la recente scoperta che il consumismo sfrenato non svuota solo le tasche ma procura anche profonde depressioni. All’origine della depressione per i consumatori accaniti ci sarebbe la rapida perdita di valore dell’oggetto appena acquistato. Insomma, su un fatto almeno dovremmo essere tutti d’accordo: è il consumismo il male del secolo.

IL POTERE DELLE PUBBLICITA'

Ci si abbandona senza nemmeno pensarci. Si tratta di un mezzo di propaganda che agisce sulla nostra psiche con effetti per certi versi anche ipnotici. Incide sugli acquisti, ma anche su atteggiamenti e abitudini. Non tutti sono in grado di interpretare ciò che viene loro imposto.

Un insidioso quanto coinvolgente fenomeno, un preoccupante quanto ipnotico mezzo di propaganda. E’ la pubblicità, che costituisce una componente ormai dominante del nostro quotidiano.
Quante volte di fronte a due prodotti abbiamo concluso scegliendo quello maggiormente pubblicizzato, o che in quel momento ha uno spot più simpatico, più accattivante di un altro? Forse di taluni casi, è difficile anche produrne una stima …

La pubblicità, che sia televisiva o su giornali, su manifesti o su depliants, ha ormai invaso, molte volte pilotandola, la vita di tutti noi.
La sua diffusione “copre” non solo la sfera degli acquisti, ma fattore ancor più determinante influisce sugli atteggiamenti, sugli usi, sulle abitudini dell’intera società.
Spesso, basta una frase, un modo di dire più volte ripetuto e pubblicizzato, affinché questi diventino d’uso comune.
È di dominio pubblico ormai, il fatto che le mode condizionino il vestire di quanti finiscono così per “essere di tendenza”.

Riguardo all’esser di tendenza, vengono dunque interessati i locali, i luoghi di ritrovo del “popolo della notte” di gran parte delle città italiane, che tende a scegliere come meta di divertimento quel ristorante o quella discoteca che va di moda in quel determinato periodo e dove vanno tutti in città.
La pubblicità o comunque qualsiasi tipo di messaggio finalizzato a reclamizzare da parte dei media un prodotto, un atteggiamento, un uso o quant’altro agiscono prepotentemente su coloro che di tali messaggi ne diventano in modo indiscriminato fruitori.

La fruizione è proprio il principale nucleo problematico della questione, perché non sempre si sa interpretare a dovere ciò che i media ci impongono, o meglio non tutti ne hanno la capacità e la preparazione. Cosa succede infatti se, obiettivo di slogan pubblicitari o di strani soggetti che si atteggiano dietro una macchina da presa o su una copertina di un giornale, sono i bambini?
Certi messaggi piovono addosso a questi, ricadendovi con una pregnanza sbalorditiva, ed è con questa che di frequente sono causa della costituzione di un immaginario a volte sbagliato, quell’immaginario che propone come massimi valori la bellezza, la ricchezza, il potere, che pone davanti a quanti la osservano personaggi che divengono motivo di emulazione.

È frequente, negli adolescenti, avere un idolo che conduce dunque alla sua imitazione. E se ciò che si vuole imitare possiede dei connotati non del tutto positivi? Se quello che si vuole pubblicizzare e proporre come modello è diseducativo o deviante?
Molti di coloro che sono destinatari di tutto quello che si è menzionato finora, non hanno ancora l’esperienza per aver messo quell’impermeabile che permette, a ciò che ci giunge, di scivolare addosso senza intaccare l’equilibrio già acquisito, senza scuotere, ma anzi stimolando una critica ed un esame di quanto accade per rinsaldare alcuni tasselli dell’ordinario agire.

Il paradosso della pubblicità in senso lato è che quest’ultima ha tanto successo, quanto più è seducente, proprio perché il meccanismo che la governa è la sua efficacia, l’efficacia di convincerci a comprare un prodotto anziché un altro.
Così facendo però tende a reclamizzare oggetti di un desiderio spesso non appagabile, e dunque si fa portavoce non solo di un preciso sistema di valori, ma soprattutto di quell’infelicità tipica di chi sviluppa la coscienza di volere ciò che, per molteplici ragioni, non può avere.
Concludendo, ciò su cui si vuole porre l’accento, non è di certo un boicottare la pubblicità o un volerla stupidamente eliminare, ma è un evidenziare gli effetti spesso devastanti di essa, al fine di far riflettere su quanto sembra ormai alla luce della vita di ogni giorno normale, scontato, ovvio, ma che invece nasconde in sé, una forza blanda, sottile, che agisce silenziosa, ma che è capace di forgiare tutto con la sua mano potente ed efficace, come solo uno strumento mediatico sa fare.

Ricordatevi che la pubblicità ci fa inseguire le auto e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono.
Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene.

E infine : Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli e soprattutto non sei i tuoi vestiti di marca !

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